L'articolo è tratto dal sito del NEIC, Centro Internazionale di Ecologia della Nutrizione.
Originale: La via da seguire.

Alla domanda "possiamo fare davvero qualcosa come singoli per arrivare a un consumo sostenibile?" la risposta giusta è "Certo, non solo, ma quello che possiamo fare sul fronte della scelta del nostro cibo è decisamente più potente di quello che possiamo fare in ogni altro campo!". E' questa, la via da seguire: modificare le nostre abitudini alimentari per avere un impatto ambientale e sociale molto minore.

Il fattore "cibo" è il più "potente"

E' stato pubblicato nell'aprile 2008 sulla rivista scientifica Environmental Science and Technology, un articolo di due ricercatori della Carnegie Mellon University "Chilometri-cibo e relativo impatto sul clima delle scelte alimentari negli Stati Uniti" [1]. In esso, gli scienziati spiegano che gli studi sul "consumo sostenibile" offrono ai consumatori un numero sempre crescente di informazioni relative all'impatto sull'ambiente in generale, e sul clima in particolare, delle loro scelte di consumo. Molti di questi studi hanno concluso che l'impatto dei singoli individui è dovuto a tre fattori principali: il cibo, l'energia usata in casa, e i trasporti. Di questi tre fattori, quello del "cibo", cioè di che cosa ciascuno sceglie di mangiare, è il più "potente", perché:

1. è quello che in termini quantitativi ha il maggior impatto.

2. Ha il maggior livello di scelta personale, perché non dipende dalle normative, dalla disponibilità di mezzi pubblici o di fonti di energia alternative, ecc. Sul che cosa mangiare il singolo consumatore ha pieno potere.

3. Si può applicare già subito, non è a medio o lungo termine come possono esserlo altri aspetti che implicano cambiamenti nelle infrastrutture, nei beni disponibili, nella tecnologia usata.

100% vegetale vs. onnivoro: 8 a 1

L'associazione di consumatori tedesca Foodwatch ha pubblicato nell'agosto 2008 un report sull'impatto dell'agricoltura e dell'allevamento sull'effetto serra [2]. Lo studio è stato svolto dall'Istituto tedesco per la Ricerca sull'Economia Ecologica (IOeW), e ha tenuto conto delle emissioni di CO2 risultanti dalla coltivazione dei mangimi per gli animali, dall'utilizzo dei pascoli per l'allevamento e dalle deiezioni prodotte dagli animali stessi (escrementi e gas intestinali).

Il confronto, per risultare di facile comprensione al pubblico, è stato esplicitato in termini di "km equivalenti" percorsi in auto (una BMW, per la precisione), e quindi spiega a quanti km percorsi in auto equivale 1 kg di carne, 1 kg di grano, ecc.

Questo significa che tenendo conto di tutte le attività produttive che servono per coltivare i mangimi per gli animali (compreso l'uso di energia, acqua, sostanze chimiche, ecc.), trasportarli, gestire gli allevamenti, i macelli, ecc., la somma di emissioni di gas serra dovuta a queste attività equivale ai gas serra emessi da un certo quantitativo di km fatti in BMW. In questo modo si può capire quanto sia inquinante, nel complesso, la produzione di carne e altri "cibi di origine animale".

Calcolando il totale di "km in BMW" equivalenti a un'alimentazione onnivora, una vegetariana, una vegana, in un anno, i risultati sono: alimentazione 100% vegetale (vegana) 629 km; alimentazione vegetariana 2427 km; alimentazione onnivora 4758 km. Come già noto da altri studi, dunque, il tipo di alimentazione più ecologista è quella 100% vegetale. L'alimentazione latto-ovo-vegetariana ha un impatto 4 volte più alto, quella onnivora 8 volte più alto.

Non esistono "soluzioni tecnologiche", occorre diminuire i consumi

Nonostante questi risultati siano ormai divulgati abbastanza spesso su giornali e riviste, le persone sembrano aspettarsi che esista una qualche tecnologia che risolva il problema e permetta loro di mantenere invariate le loro abitudini alimentari. Ma non esiste e mai esisterà, perché il problema è intrinseco nella trasformazione da vegetale ad animale, che genera uno spreco enorme, come spiegato nel Panel dedicato all'impatto ambientale.

L'unica soluzione reale sta in una diminuzione - il più cospicua possibile - del consumo di carne, latte e latticini e uova, tutti cibi per cui è necessario l'allevamento.

Esortazioni dal mondo della scienza

Ecco una brevissima carrellata di articoli di scienziati che invitano a diminuire il consumo di alimenti animali per diminuire in maniera drastica il nostro impatto sull'ambiente - oltre al già citato report di Foodwatch, che contiene nelle sue conclusioni, in maniera esplicita, questo invito.

Meno proteine animali per l'umanità
Il passaggio alle proteine vegetali offrirebbe molti vantaggi, soprattutto in campo energetico.

Il mondo ha bisogno di una "transizione proteica": senza necessariamente diventare tutti vegetariani, è essenziale che nelle abitudini alimentari si inizi a preferire decisamente le proteine di origine vegetale.

E' questa la conclusione dello studio PROFETAS (Protein Foods, Environment, Technology And Society) finanziato dall'Accademia delle scienze olandese e condotto da ricercatori dell'Università di Amsterdam, e di altre università olandesi esposta nell'articolo di Le Scienze dell'aprile 2006 [3].

Cibo, allevamenti, energia, cambiamenti climatici e salute

Nel numero di settembre 2007 della rivista scientifica internazionale "The Lancet", l'articolo "Cibo, allevamenti, energia, cambiamenti climatici e salute" [4] mostra quanto questi aspetti siano correlati tra loro e quanto sia urgente una diminuzione drastica del consumo di carne.

I ricercatori, dopo aver esaminato l'impatto che ha sull'effetto serra la produzione di cibi animali, affermano che l'unica soluzione è dunque quella di ridurre il consumo di prodotti animali da parte dei paesi più ricchi, e fissare una soglia da non superare per i paesi in via di sviluppo, in modo che tutti i paesi convergano verso lo stesso livello di consumo, molto più basso di quello attuale dei paesi ricchi: non più di 90 grammi di carne al giorno pro-capite (mentre attualmente è di 101 grammi di media globale, di cui 47 grammi nei paesi in via di sviluppo e 224 grammi nei paesi industrializzati).

Per arrivare a 90 grammi nei paesi industrializzati occorre dunque più che dimezzare il consumo di carne, per la precisione arrivare a un consumo che sia del 40% rispetto all'attuale. La conclusione degli scienziati è che il problema del cambiamento climatico richiede risposte forti. Come sostengono gli autori dell'articolo, all'obiezione secondo cui la diminuzione dei consumi e la convergenza verso un livello comune non potrà funzionare perché la gente ama mangiare carne, si deve rispondere con l'urgenza e la necessità estrema di un cambiamento per fermare un problema ben più serio delle preferenze alimentari delle persone.

Le persone più informate, nei paesi ricchi, specie in Gran Bretagna, stanno già dimostrando di voler ridurre il consumo di cibi animali, a quanto sembra soprattutto per prevenire il rischio di malattie cardiovascolari. Per aiutare le persone a fare questa scelta, affermano gli autori, sarà utile eliminare i sussidi statali alla produzione di mangimi animali (grano e soia) e all'allevamento, in modo che il prezzo al consumo rispecchi i reali costi, e quindi aumenti. Questo inoltre aiuterebbe a dirottare i raccolti verso i paesi poveri, per il diretto consumo umano, riducendo la "concorrenza" tra la coltivazione di cibo per gli animali e quella di cibo per gli umani.

Gli studiosi concludono dicendo che la proposta porterebbe a molti effetti collaterali positivi: una dieta più sana, migliore qualità dell'aria, maggiore disponibilità di acqua, una razionalizzazione dell'uso dell'energia e della produzione di cibo.

"Non mangiare carne, va' in bici, sii un consumatore frugale" - ecco come fermare il riscaldamento globale.

Queste le parole di Rajendra Pachauri, premio Nobel e direttore dell'IPCC, il Panel Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici delle Nazioni Unite, pronunciate il 15 gennaio 2008 a una conferenza stampa a Parigi.

Il dossier emesso nel 2007 dall'IPCC sottolinea infatti "l'importanza di cambiare stile di vita" per combattere il riscaldamento globale. Il direttore dell'IPCC, coerentemente vegetariano lui stesso, afferma anche: "E' qualcosa che l'IPCC ha avuto paura di affermare prima, ma ora l'abbiamo finalmente detto".

E continua chiedendo: "Per favore, mangiate meno carne, la carne e' un prodotto ad altissimo consumo di carbonio" e sottolinando anche che alti consumi di carne sono dannosi per la salute.

Riferimenti

[1] Christopher L. Weber and H. Scott Matthews, Food-Miles and the Relative Climate Impacts of Food Choices in the United States, Environ. Sci. Technol., 16 Apr 2008

[2] Foodwatch, Klimaretter Bio?, 25 Aug 2008

[3] Meno proteine animali per l'umanità, Le Scienze, 11 aprile 2006

[4] Anthony J McMichael, John W Powles, Colin D Butler, Ricardo Uauy, Food, livestock production, energy, climate change, and health, The Lancet, September 13, 2007

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Published Online: 6 Jul 2015