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Cervello e intestino: una strada a due corsie
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Articolo della dr.ssa Rossana Silvia Pecorara -
PhD Scienze cognitive e Psicologa clinica
Che cervello e intestino si parlassero e che la loro connessione fosse bidirezionale ormai lo sappiamo da tempo. Ma ciò che ancora non sapevamo è che questa loro comunicazione influisce sulla nostra salute mentale, e cioè su come ci sentiamo, quanto bene dormiamo e quanto siamo pronti a gestire le sfide di tutti i giorni.
Sappiamo che il cervello (il sistema nervoso centrale) parla con il sistema nervoso enterico, cioè la rete nervosa che regola le funzioni motorie e secretorie del tratto gastrointestinale in collaborazione con il sistema nervoso autonomo.
Ma come lo fa e come influisce questo sulla nostra salute mentale? Attraverso le vie neurali che collegano intestino e cervello, che possiamo immaginare come una strada a 2 corsie che porta segnali nervosi dal cervello all’intestino e dall’intestino al cervello. Ma non solo. La loro comunicazione è resa possibile anche dalla fondamentale mediazione del microbiota intestinale.
Con "microbiota intestinale" s’intende il complesso di batteri, virus, funghi e lieviti che popolano il nostro intestino. I "batteri buoni" del microbiota, anche detti probiotici, svolgono un ruolo cruciale, tra le altre cose, nella produzione di composti indispensabili alla vita, come vitamine, acidi grassi, aminoacidi. Ma anche neurotrasmettitori, o loro precursori.
Fino a qualche tempo fa si pensava che i neuroni, le nostre cellule cerebrali, fossero le uniche responsabili della produzione di neurotrasmettitori e invece ora sappiamo per certo che anche il nostro microbiota è in grado di produrne. Immettendo così a sua volta nel nostro organismo molecole come la serotonina e l’acido gamma-amminobutirrico (GABA), che influiscono sul nostro umore e di conseguenza sul nostro comportamento.
Se per esempio il nostro microbiota è alterato per lo stile di vita che conduciamo o un’alimentazione poco ricca di fibre (i prebiotici), il microbiota potrebbe non essere in grado di produrre sufficienti quantità di queste molecole causando ripercussioni sul nostro umore.
La ricerca sta arrivando a definire alcuni profili specifici di alterazione del microbiota che correlano con l’ansia e la depressione. E questo apre scenari inediti non solo sulla comprensione della mente, ma anche potenzialmente sulla diagnosi dei disturbi mentali e su nuove risposte terapeutiche mirate.
Una di queste ricerche ha coinvolto un gruppo di soggetti “sani” e uno di soggetti “depressi” (ovviamente diagnosticati sulla base di apposite scale di valutazione) ed è emerso come sia possibile riconoscere i pazienti affetti da depressione attraverso la valutazione del microbiota di entrambi i gruppi. Nei “depressi” le due specie batteriche Coprococcus e Dialister sono assenti o quasi assenti. Ed è stato possibile anche prevedere, sempre sulla base dell’analisi del microbiota, quali soggetti avrebbero beneficiato del trattamento antidepressivo e quali no.
Questa è solo una minuscola parte di tutto ciò che sta succedendo nella ricerca scientifica a riguardo. Ed è facile intuire i possibili risvolti sia sul versante psicodiagnostico, sia su quello psicofarmacologico.
Nel frattempo sappiamo anche molto bene che è meglio prevenire piuttosto che curare. E quindi condurre uno stile di vita sano e attivo e preferire un’alimentazione ricca di fibre prebiotiche (contenute in frutta, verdura, legumi) e di organismi probiotici (nei fermentati vitali che possiamo includere nella nostra dieta vegetale, come yogurt vegetale, kefir d'acqua, kombucha, ecc.) è il miglior lasciapassare per la salute di tutto l’organismo, compresa quella mentale.
Chi vuol saperne di più, può leggere l'articolo: Microbiota intestinale e salute mentale: l’alba di una rivoluzione? sul sito della dr.ssa Rossana Silvia Pecorara.
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