Traduzione a cura di Marco Lorenzi -- (testo originale in inglese)
Articolo tradotto dal sito dell'IVU - International Vegetarian Union- www.ivu.org e basato sugli articoli del Dr. Paul Appleby apparsi nelle edizioni del luglio 94, aprile 96 e luglio 98 della rivista "The Oven".

L'Oxford Vegetarian Study è uno studio a lungo termine e su scala nazionale concernente lo stato di salute di 6000 persone che non consumano carne (soprattutto vegetariani ma anche qualche consumatore di pesce) e di 5000 persone che ne consumano, usate come gruppo di controllo.

I soggetti vegetariani sono stati reclutati con l'aiuto della Vegetarian Society tramite riviste sul vegetarismo e sull'alimentazione naturale ed attraverso i mass-media. Il gruppo di controllo era costituito da amici e parenti dei soggetti stessi, aggiustati per età e sesso. Il reclutamento dei soggetti è avvenuto tra il settembre 1980 e il gennaio 1984.

A tutti i volontari fu mandato un primo questionario che chiedeva informazioni sulla loro dieta, stile di vita (fumo, consumo di alcool, lavoro e attività fisica) e sul precedente stato di salute. In seguito ai volontari sotto i 70 anni fu richiesto di fornire un campione di sangue e nel 1985-1986 a tutti i partecipanti fu inviato un diario su cui dovevano registrare la propria alimentazione di due giorni della settimana e del week-end. Così furono disponibili i dati della colesterolemia di circa 3800 partecipanti e delle dettagliate informazioni sull'alimentazione di oltre 5000 partecipanti.

Dieta e livelli di colesterolo

I livelli di colesterolo totale, LDL e HDL furono confrontati in ognuno dei quattro gruppi (vegani, vegetariani, consumatori di pesce e consumatori di carne) in uno studio pubblicato nel 1987. I livelli di colesterolo totale (CT) e di colesterolo-LDL (LDL-CT) risultarono entrambi significativamente inferiori nei vegani rispetto ai consumatori di carne, mentre i vegetariani e i consumatori di pesce avevano valori intermedi e tra loro simili. I livelli di colesterolo HDL (HDL-CT) erano simili in tutti i quattro gruppi. Le differenze suggerivano che l'incidenza di coronaropatia (arteriosclerosi coronarica, NdT) può essere inferiore del 24% nei vegetariani e inferiore del 57% nei vegani rispetto ai consumatori di carne. Una successiva analisi delle diete di un campione di 208 partecipanti (52 per ogni gruppo dietetico) ha mostrato che è importante il tipo più che la quantità di grassi nel determinare i livelli di colesterolo e che gli individui attenti alla propria salute selezionano attentamente i grassi nella loro alimentazione piuttosto che scegliere semplicemente una dieta ipolipidica.

Thorogood M, Carter R, Benfield L, McPherson K, Mann JI. Plasma lipids and lipoprotein cholesterol concentrations in people with different diets in Britain. British Medical Journal 1987;295:351-353.

Thorogood M, Roe L, McPherson K, Mann J. Dietary intake and plasma lipid levels: lessons from a study of the diet of health conscious groups. British Medical Journal 1990;300:1297-1301.

Dieta e mortalità

Un confronto tra la mortalità (frequenza di decessi) dei consumatori di carne e di chi non ne consuma dopo 12 anni di follow-up fu pubblicato sul British Medical Journal il 25 giugno 1994. I risultati, dopo essere stati adattati per fumo, indice di massa corporea (una misura dell'obesità) e classe sociale (tre fattori noti per influenzare la mortalità), mostrano che chi non consuma carne ha un minore tasso di mortalità per tutte le cause di morte combinate, cardiopatia ischemica e tutti i tipi di tumori combinati. Le differenze sono risultate statisticamente significative (cioè con bassa probabilità di essere dovute al caso) per tutte le cause di morte e per tutti i tumori combinati. Solo il tempo ci dirà se queste differenze sono reali o una manifestazione dell' "effetto del volontario in buona salute" (i volontari vegetariani potrebbero aver avuto una motivazione più forte e quindi aver avuto per questo una migliore salute dei soggetti di controllo non vegetariani). Se reale, sarebbe interessante vedere se la minore mortalità per tutti i tipi di tumori combinati sia valida per ogni tipo di tumore o solo per quei tipi che altri studi hanno suggerito essere meno frequenti nei vegetariani. In seguito potrebbe perfino essere possibile determinare quale caratteristica della dieta vegetariana spiega questa riduzione della mortalità.

Thorogood M, Mann J, Appleby P, McPherson K. Risk of death from cancer and ischaemic heart disease in meat and non-meat eaters. British Medical Journal 1994;308:1667-1671.

Appendicectomia d'urgenza e consumo di carne

La frequenza di appendicectomie d'urgenza (appendicite acuta) fu comparata sulla base della storia di consumo di carne dei partecipanti, in uno studio apparso sulla rivista Journal of Epidemiology and Community Health. I partecipanti furono raggruppati a seconda che avessero sempre mangiato carne, mai mangiato carne o smesso di mangiarne. La percentuale di persone che riferivano di aver subito una appendicectomia d'urgenza era più alta tra i consumatori di carne (10.7%) rispetto a chi non ne ha mai consumata (7.8%) e a chi ha smesso di mangiarne (8.0%). Inoltre nel primo gruppo le operazioni furono eseguite ad un'età inferiore nel primo gruppo (età media all'intervento rispettivamente di 18.9, 26.0 e 19.6 anni). Il rapporto complessivo di appendicectomie d'urgenza adattato per età tra i partecipanti che non mangiavano carne rispetto ai carnivori era di 0.47, dato che suggerisce che il rischio dei vegetariani di doversi sottoporre a questa operazione è di circa il 50% inferiore rispetto ai non vegetariani.

Appleby P, Thorogood M, McPherson K, Mann J. Emergency appendicectomy and meat consumption in the UK. Journal of Epidemiology and Community Health 1995;49:594-596.

Effetto della dieta, stile di vita e caratteristiche fisiche sulla concentrazione di colesterolo

L'effetto dei fattori dietetici, fisici e dello stile di vita sui livelli di colesterolo totale e di colesterolo-HDL nei partecipanti, fu indagato in uno studio pubblicato nel Journal of Human Nutrition and Dietetics. Livelli elevati di colesterolo totale sono associati con un aumentato rischio di cardiopatie ischemica, mentre livelli elevati di colesterolo-HDL avrebbero, al contrario, un effetto protettivo. Dopo aver adattato i dati tenendo conto dell'età, si è notato che vi era una graduale diminuzione dei livelli di colesterolo totale dai consumatori di carne ai vegani, sia per i maschi che per le femmine, mentre i vegetariani avevano valori intermedi. Al contrario i livelli di colesterolo-HDL sono risultati simili in tutti i gruppi, sia per i maschi che per le femmine. Quando furono esaminati gli effetti di specifici fattori dietetici o dello stile di vita, si scoprì che il consumo di carne e latticini aumenta il colesterolo totale, mentre un alto consumo di fibre era associato con una riduzione dei livelli di colesterolo totale in entrambo i sessi. In accordo con altri studi, l'indice di massa corporea (BMI, una misura dell'obesità) e il consumo di alcool erano associati rispettivamente con una diminuzione e un aumento dei livelli di colesterolo-HDL in entrambo i sessi. Questi risultati contribuiscono a dimostrare l'effetto sulla riduzione dei livelli ematici di colesterolo da parte di una dieta vegetariana con un alto contenuto di fibre e un uso limitato di formaggio. Escludere la carne dalla dieta potrebbe comportare una riduzione del 15-25% del rischio delle patologie coronariche, con un ulteriore effetto benefico della stessa entità, se anche il formaggio viene eliminato dalla dieta.

Appleby PN, Thorogood M, McPherson K, Mann JI. Associations between plasma lipid concentrations and dietary, lifestyle and physical factors in the Oxford Vegetarian Study. Journal of Human Nutrition and Dietetics 1995;8:305-314.

Dieta e cardiopatia ischemica (IHD ischaemic heart disesase = arteriosclerosi coronarica, NdT)

La cardiopatia ischemica è la più comune causa di morte in Gran Bretagna e in molti altri paesi sviluppati. Una precedente analisi dei dati dello studio ha mostrato che chi non mangia carne ha un rischio inferiore del 28% di morire per cardiopatia ischemica prima degli 80 anni rispetto ai consumatori di carne, dopo aggiustamento dei dati per fumo, indice di massa corporea e classe sociale. Tuttavia rimaneva ancora da chiarire quale fattore dietetico potesse spiegare questa differenza. Pertanto in una recente analisi sono stati esaminati gli effetti di vari fattori dietetici sulla mortalità per IHD. I partecipanti sono stati raggruppati non solo secondo la dieta (carnivori, semi-vegetariani. Vegetariani/vegani) ma anche secondo il consumo di vari cibi e alcool, sulla base delle risposte ad un questionario. I partecipanti sono stati divisi anche in tre gruppi a seconda del consumo stimato di grassi totali, grassi saturi, e colesterolo derivato da animali di terra e in tre gruppi sulla base del consumo di fibre calcolato a partire dal consumo riportato di cibi ricchi di fibre. L'analisi principale è stata ristretta ai partecipanti che non avevano patologie cardiovascolari o diabete al momento del reclutamento. Di essi 392 sono morti prima degli 80 anni di età di cui 64 per IHD. Dopo aggiustamento per fumo, sesso, età e classe sociale, i vegetariani e i vegani avevano un rischio di morire di IHD inferiore del 17% rispetto ai consumatori di carne (cioè i partecipanti che mangiavano carne almeno una volta alla settimana) sebbene il risultato non fosse statisticamente significativo. Il risultato più impressionante ottenuto dall'analisi dei dati è la correlazione positiva, altamente significativa, tra il consumo di grassi animali e la mortalità per IHD, essendo essa circa tre volte maggiore tra i partecipanti appartenenti al gruppo caratterizzato dal maggior consumo di grassi animali totali, grassi animali saturi e colesterolo della dieta rispetto al gruppo con minore consumo. Anche il consumo di uova e formaggio è risultato positivamente associato con la mortalità per IHD, ma non è stato notato nessun effetto protettivo per le fibre, il pesce e l'alcool, come si sarebbe potuto prevedere dai risultati di altri studi.

Mann JI, Appleby PN, Key TJ, Thorogood M. Dietary determinants of ischaemic heart disease in health conscious individuals. Heart 1997;78:450-455.

Dieta e indice di massa corporea (Body Mass Index, BMI, NdT).

L'indice di massa corporea (o BMI, cioè una misura del peso corporeo relativo di un soggetto, calcolato dividendo il peso, espresso in Kg, per il quadrato dell'altezza, espressa in metri) fu calcolato per 1914 maschi e 3378 femmine non fumatori/trici con una età compresa tra i 20 e gli 89 anni al momento del reclutamento. Le risposte al questionario sulla frequenza del consumo dei cibi, compilato da ogni partecipante, furono usate per classificare come consumatori o non consumatori di carne i soggetti e per stimare l'assunzione di grassi animali e fibre. I partecipanti furono inoltre divisi secondo il loro consumo di alcool, esercizio fisico, classe sociale, precedente abitudine di fumare e parità (donne con o senza figli). L'indice di massa corporea media era minore tra i non consumatori di carne rispetto ai carnivori in ogni classe di età, sia per le donne che per gli uomini. Il BMI medio complessivo espresso in Kg/m2, aggiustato per età nei i due gruppi, era 23.18 e 22.05 per i maschi carnivori e non carnivori rispettivamente, 22.32 e 21.32 per le femmine carnivore e non carnivore rispettivamente; una differenza di circa 1 kg/m2 che è risultata fortemente significativa e quindi difficilmente riferibile al caso. Oltre al consumo di carne, il consumo di fibre e grassi animali, la classe sociale, la precedente abitudine di fumare, il consumo di alcool solo per gli uomini e la parità nelle donne, sono risultati fattori indipendentemente associati con il BMI. Tuttavia questi fattori spiegano solo circa un terzo della differenza media di BMI tra carnivori e non carnivori, sia negli uomini che nelle donne. Si è pertanto concluso che chi non consuma carne è più magro che chi ne consuma e che questo può essere in parte dovuto al maggiore consumo di fibre, al minore consumo di grassi animali e, solo negli uomini, ad un minore consumo di alcool.

Appleby PN, Thorogood M, Mann JI, Key TJ. Low body mass index in non-meat eaters: the possible roles of animal fat, dietary fibre and alcohol. International Journal of Obesity 1998;22:454-460.

Un sommario delle pubblicazioni fino a tutto il 1997 può essere trovato in questo articolo: Appleby PN, Thorogood M, Mann JI, Key TJ. The Oxford Vegetarian Study: an overview. American Journal of Clinical Nutrition 1999; 70(suppl): 525S-531S.

[Si noti bene che non c'è alcuna relazione tra Oxford Vegetarians e l'Oxford Vegetarian Study, anche se alcuni membri della associazione Oxford Vegetarians hanno partecipato allo studio]

Published Online: 26 Dec 2000 -- Copyright © by SSNV / All rights reserved.