A cura della dr.ssa Luciana Baroni
Premessa
Il cancro (k) della prostata è uno dei tumori maligni più comuni nei Paesi ricchi, dove costituisce la seconda causa di morte (per neoplasia) nel maschio adulto.
Come accade per altri tipi di k, esistono evidenze epidemiologiche che basandosi sull'osservazione dell'estrema variabilità clinica di questo tipo di tumore nei vari Paesi del mondo, conferiscono importanza eziopatogenetica a fattori ambientali ed a fattori genetici [Rowley_1997, Brawley_1998, Williams_1999].
Per quanto riguarda i fattori ambientali -come per altri tipi di malattie- la mortalità per questo tumore prevale nei Paesi evoluti e nei soggetti che, proveniendo da zone a basso rischio, migrano in questi Paesi [Kolonel_1999].
Per contro, differenze nell'incidenza di questo tumore in popolazioni di razze diverse esposte agli stessi fattori ambientali, possono essere spiegabili solamente con una diversa predisposizione genetica alla malattia in questione; su questa causa di malattia è però utopistico -al momento attuale- pensare di poter intervenire.
Tra le cause ambientali la dieta riveste il ruolo principale nel modulare il rischio di comparsa (vedi poi) ed evoluzione della neoplasia [Clinton_1998] che, ricordiamo, ha uno sviluppo molto lento nel corso degli anni, lasciando quindi ben sperare che con svariate strategie, non ultimo un intervento nutrizionale adeguato, il decorso della malattia possa essere positivamente influenzato [Meyer_1999].
Secondo alcuni Autori, comunque, le modificazioni dietetiche avrebbero effetto sulla progressione ma non sulla comparsa del tumore [Friis_1994] perchè, a fronte di una uguale distribuzione di lesioni microfocali in tutte le parti del mondo, la incidenza del tumore clinicamente manifesto, come già detto, varia nei diversi Paesi [Fair_1997].
Il k prostatico è un tumore ormono-dipendente, e si è verificato che ha una minor incidenza nei diabetici, che presentano livelli di testosterone ridotti [Thompson_1989, Giovannucci_1998].
Una delle ipotesi che attualmente appaiono più promettenti nel rapporto dieta-k prostatico è quella che mette in correlazione la carcinogenesi (nella fattispecie prostatica) con lo stress ossidativo; gli androgeni stessi sono in grado di aumentare lo stress ossidativo in vitro su linee cellulari di k prostatico.
La produzione di specie reattive dell'ossigeno provocherebbe nei tessuti modificazioni in senso carcinogenetico: studi recenti mostrano come lo stress ossidativo sia maggiore nell'epitelio benigno di pazienti con k prostatico rispetto a pazienti sani [Fleshner_1998].
Da qui si evince il razionale di utilizzare sostanze nutritive con proprietà antiossidante, quindi selenio, vitamina C, vitamina E, vitamina D, retinolo e carotenoidi (soprattutto lycopene), proteine della soia [Thomas_1999] (vedi poi).
Fattori di rischio nutrizionali
1. I grassi
Come per il k mammario, anche per il k prostatico una grossa responsabilità sembrerebbe averla l'elevata introduzione di grassi dietetici, ma anche in questo caso non c'è completa concordanza tra i vari Autori, e gli studi sono meno abbondanti. A favore del ruolo carcinogenetico dei fattori dietetici in generale, e soprattutto degli acidi grassi, prevalentemente di origine animale (acido alfa-linolenico, carne rossa), troviamo parecchi studi anche recenti [Hill_1987, Slattery_1990, Bravo_1991, LaVecchia_1992, Giovannucci_1993, Pienta_1993, Friis_1994, Le Marchand_1994, Rohan_1995, Harvei_1997, Bakker_1997, Rose_1997, Vlajinac_1997, Willet_1997, Brawley_1998, Fleshner_1998, Lee_1998, Fradet_1999, Fraser_1999, Hayes_1999, Kolonel_1999], mentre altri Autori non condividono questa ipotesi o non ritengono che le nozioni acquisite al momento attuale siano sufficientemente dirimenti [MacLennan_1985, Hsing_1990, Andersson_1996, Fair_1997, Veierod_1997, Key_1997, Schuurman_1999, Thomas_1999].
I grassi animali influenzerebbero negativamente anche l'aggressività del tumore e la sopravvivenza dopo la diagnosi [West_1991, Meyer_1999].
Un recentissimo studio [Fradet_1999] su pazienti portatori di k prostatico mostra come la riduzione del consumo di acidi grassi saturi della dieta intorno al 10% della calorie totali abbia un rilevante effetto positivo sull'aumento della sopravvivenza: a conferma di come la progressione della malattia, soprattutto in questi tempi che ci permettono di porre una diagnosi clinica in molti casi estremamente precoce, potrebbe beneficiare anche di misure dietetiche, rendendo la sopravvivenza dei malati compatibile con la naturale spettanza di vita dell'individuo.
Alcuni Autori riportano una correlazione positiva tra rischio ed assunzione di birra, carne, latte e frutta [De Stefani_1995].
Più credibile appare la correlazione positiva con dieta ipercalorica ed obesità [Snowdon_1984, Walker_1994, Meyer_1997, Veierod_1997, Rohan_1995].
Mutato tempore, potrebbe sembrare che in campo scientifico gli studi sul k prostatico stiano ripercorrendo quanto già occorso per il k mammario, suo equivalente femminile. Ma anche se gli studi in questo campo sono meno abbondanti, nel complesso risultano più ricchi di informazioni, probabilmente perchè alcuni filoni di ricerca, col senno di poi, si sono sviluppati diversamente e forse in modo più proficuo, rispetto a quanto accaduto per il k mammario, come vedremo in seguito.
Uno dei meccanismi attraverso il quale i grassi della dieta potrebbero modulare la carcinogenesi è attraverso la loro influenza sulla sintesi di prostaglandine e leucotrieni [Woutersen_1999].
Essendo inoltre il k prostatico un tumore ormono-dipendente, l'elevata assunzione di grassi potrebbe agire attraverso la via ormonale, con aumento della stimolazione androgenica sulla ghiandola [Brawley_2000].
2. Il latte
La correlazione tra consumo di latte e k prostatico è stata descritta da oltre 10 anni [Snowdon_1984, Rose_1986, La Vecchia_1991, Le Marchand_1994, Tzonou_1999]. Di recente è stato riportato un aumento di rischio del 50% [Chan_1998] nei gran consumatori di questi prodotti.
Mentre tale correlazione era stata inizialmente attribuita al contenuto in grassi animali del latte, riconducendola a quanto descritto al paragrafo precedente, studi recenti prendono in considerazione solo la "non-fat-portion" del latte ed ipotizzano che la responsabilità di questa correlazione sia invece dovuta soprattutto al suo contenuto in Calcio [Grant_1999].
Tutti i cibi ricchi di Calcio sarebbero responsabili diretti di un "consumo" -con secondaria riduzione dei livelli- di vitamina D nell'organismo (vedi poi).
Fattori protettivi
La riduzione nell'assunzione di alimenti "a rischio", da sola, non è sufficiente a spiegare l'effetto protettivo attribuito alla dieta vegetariana, già osservato nei primi grossi studi di popolazione [Hirayama_1978]. Proprio nei vegetali sono infatti contenute delle sostanze dotate di azione preventiva nei confronti di questo tumore.
1. La vitamina D
L'effetto preventivo sulla carcinogenesi prostatica da parte della vitamina D è al momento attuale una delle ipotesi più accreditate [Konety_1999], assieme all'effetto protettivo del lycopene.
Ma i derivati del latte e la carne, pur contenendo questa vitamina, aumentebbero il rischio di sviluppare il k prostatico riducendo secondariamente i livelli di questa vitamina [Giovannucci_1998b]. Infatti da una parte l'elevata introduzione di Calcio e Fosforo principalmente attraverso i derivati del latte, dall'altra l'introduzione di proteine animali, che riducono il pH ematico, sono condizioni che sopprimono la produzione di vitamina D.
Inoltre l'assunzione di fruttosio riduce la Fosforemia, stimolando così la produzione di vitamina D.
Quindi, l'assunzione di Calcio risulta correlata positivamente con il rischio di k prostatico, mentre l'assunzione di fruttosio risulta negativamente correlata.
Ed ecco un'ulteriore spiegazione del perchè la frutta abbia per se' effetto protettivo, indipendentemente dalle vitamine ed oligoelementi che contiene: perchè è ricca di fruttosio (che come anzidetto favorisce un'elevazione dei livelli di vitamina D) [Giovannucci_1998a].
L'ipotesi "vitamina D", oltre a spiegare l'associazione positiva tra questo tumore ed i derivati del latte [Grant_1999, Grant_2000], rende anche ragione di come l'altro principale fattore ambientale descritto come protettivo sia l'esposizione solare, che può avere effetti positivi anche a malattia iniziata (effetto già descritto con uno studio sulla distribuzione geografica del k prostatico, che suffragava l'effetto protettivo delle radiazioni UV -che aumentano i livelli di vitamina D- [Hanchette_1992]).
2. Il lycopene
É tuttora controverso il ruolo di elevate dosi di "carotenoidi" nei confronti del rischio di sviluppare k prostatico, [Kolonel_1987, Ohno_1988, Oishi_1988, Le Marchand_1991, Rohan_1995, Kolonel_1996, Daviglus_1996, Cooper_1999, Norrish_2000].
Tra i vari carotenoidi (alfa-carotene, beta-carotene, beta-cryptoxantina, luteina e lycopene) parrebbe infatti che un ruolo protettivo rilevante riconducibile alle proprietà antiossidanti, sia nei confronti della comparsa ma anche dell'aggressività del tumore, sia presente chiaramente nel lycopene, e solo in particolari situazioni anche nel beta-carotene [Giovannucci_1995, Gann_1999, Rao_1999].
In frutta e verdura ma soprattutto in cibi a base di pomodoro sarebbero contenute sostanze (forse non tutte ancora identificate) in grado di esercitare un effetto anti-carcinogenetico soprattutto sulla prostata [Grant_1999, Tzonou_1999]. Numerosi altri studi stressano questo concetto, come riportato in una recente rassegna [Giovannucci_1999]: pomodori e/o lycopene risultano esercitare un effetto preventivo per tumori anche in sedi anatomiche differenti dalla prostata.
Recentemente è stata segnalata anche una correlazione positiva tra rischio di k prostatico e bassi livelli di vitamina E nei fumatori, meno significativa con il retinolo, non rilevante la correlazione con vitamina C e carotene [Eichholzer_1999].
3. I fitoestrogeni
Consumo di cereali, noci e soia sono altri fattori dietetici con proprietà preventive nei confronti del k prostatico [Hebert_1998].
In particolare, tutti i vegetali ricchi in fitoestrogeni (appunto soia, cererali, noci), avrebbero un effetto protettivo nei confronti di molti tumori, non ultimo quello della prostata [Humfrey_1998]. Nel gruppo degli Avventisti, il consumo frequente di latte di soia comporta una riduzione del rischio del 70% [Jacobsen_1998].
Essendo i fitoestrogeni dotati di attività ormonale estrogenica, può facilmente essere ipotizzato che il loro ruolo protettivo segua la via ormonale [Messina_1999, Stephens_1999]. Infatti in regioni a bassa incidenza di tumori ormono-dipendenti sono stati riscontrati nella popolazione elevati livelli di fitoestrogeni [Adlercreutz_1995a, Adlercreutz_1995b].
Queste sostanze hanno inoltre dimostrato di possedere proprietà antiossidanti e protettive nei confronti della proliferazione di cellule maligne e della sintesi di fattori di crescita.
4. Le proteine vegetali
Il k prostatico appare inoltre correlato con una situazione di insulino-resistenza dell'organismo (con elevazione dei livelli di insulina) che può essere secondaria all'assunzione di grassi animali od all'obesità (vedi quanto sopra riportato). Gli aminoacidi modulano la secrezione di Insulina e Glucagone, quindi la composizione proteica della dieta è importante per l'equilibrio tra questi due ormoni [McCarty_1999].
Le proteine vegetali, ricche in aminoacidi non-essenziali, aumentano soprattutto la produzione di Glucagone, con secondaria down-regulation della secrezione e dei livelli di Insulina.
Ma le proteine vegatali riducono anche la sintesi epatica di IGF-I (Insulinlike-Growth-Factor) e la sua potente attività carcinogena: questo fattore risulta essere presente in livelli significativamente più bassi nei vegani, rispetto ai consumatori di prodotti animali (vegetariani e meat-eater) [Allen_2000].
Conclusioni
Evidenze scientifiche suggeriscono che differenze nella dieta possono rendere conto in gran parte della diversa incidenza del k prostatico nelle varie parti del mondo [Yip_1999]. Appare ormai indiscusso come alcuni tipi di tumore, compreso quello prostatico, siano associati alle abitudini alimentari occidentali.
Sin dai primi studi sulla popolazione degli Avventisti Californiani l'elevato consumo di frutta (fresca o secca), pomodori, legumi, appariva protettivo nel confronti del rischio di sviluppare il k prostatico [Mills_1989], ed il consumo di prodotti animali e/o l'obesità si configuravano già come fattori di rischio [Snowdon_1984].
Il dato si è mantenuto nel tempo, infatti una recente pubblicazione [Fraser_1999] riporta come i non-vegetariani abbiano più elevate probabilità di sviluppare k prostatico.
La dieta vegetariana, grazie al ridotto contenuto in grassi (comunque di origine vegetale!) e di Calcio e Fosforo, e l'apporto di sostanze quali lycopene e fitoestrogeni, nonchè proteine vegetali, appare possedere tutti i requisiti per la prevenzione del k prostatico.
Una dieta comprendente un'adeguata introduzione di fibre (con cereali, verdura, legumi e frutta) associata ad una riduzione di calorie e grassi, può essere uno dei possibili approcci al problema della prevenzione primaria e secondaria del k prostatico [Williams_1999].
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Published Online: 30 Aug 2000 (Ultima revisione 2015) -- Copyright © by SSNV / All rights reserved.