Rassegna a cura di Luciana Baroni
Introduzione
I Prioni sono gli agenti eziologici delle Encefalopatie Spongiformi Trasmissibili (Transmissible Spongiform Encephalopathies, TSE anche denominate Subacute Spongiform Encephalopathies, SSE): si tratta di un gruppo di malattie degenerative che colpiscono il Sistema Nervoso Centrale dell'uomo e degli animali [Prusiner_1991, Prusiner_1993, Prusiner_1994].
Negli animali le Malattie da Prioni sono spesso malattie epizootiche che possono diffondersi a specie animali differenti attraverso varie vie, ivi inclusa l'ingestione di carni infette [Kondo_1997, Kondo_1997a]. Hanno un lungo periodo di incubazione, un decorso progressivo e portano a modificazioni spongiformi del SNC [Jovanovic_1998]. Possono manifestarsi come malattie infettive, sporadiche o genetiche [Ferencik_1998]. Il Prione patologico può formarsi ex-novo in un organismo animale con meccanismo che descriveremo in seguito, od essere trasmesso come agente infettivo.
Le Malattie da Prioni sono quindi uniche nel loro genere, potendo avere sia un'eziologia genetica che un'eziologia infettiva: nel secondo caso rientrano nel più vasto gruppo di quelle che sono denominate Infezioni lente del Sistema Nervoso.
Dopo la prima descrizione di Jakob e Creutzfeldt sono state descritte altre 5 malattie che ora vengono raggruppate sotto il nome di Encefalopatie Spongiformi Trasmissibili o Malattie da Prioni, nell'uomo [Kondo_1997, Kondo_1997a]:
1 - forma classica della Malattia di Creutzfeldt-Jakob (solitamente sporadica, genetica nel 10-15% dei casi, nella quale l'origine dei Prioni è sconosciuta e la cui incidenza aumenta con l'età).
2 - forma trasmissibile della Malattia di Creutzfeldt-Jakob (dovuta all'introduzione dei prioni nel SNC attraverso materiali infetti direttamente nell'encefalo od indirettamente da organi periferici). Fino a qualche anno fa le uniche possibilità di contagio erano jatrogene (trapianto di cornee, innesti di tessuti infetti, impianto di elettrodi infetti nel cervello [Masters_1979]). E' ben noto il caso, passato alla storia, di un neurochirurgo che si sarebbe infettato durante un intervento su un paziente affetto dalla malattia.
3 - Kuru (presente nelle poplazioni indigene della Nuova Guinea, probabilmente riconducibile alla diffusione del Prione attraverso la pratica del cannibalismo), che menzioniamo solamente.
4 - sindrome di Gerstmann-Straussler-Scheinker (genetica, ereditarietà dominante dovuta a diverse variazioni genetiche dei Prioni), che menzioniamo solamente.
5 - insonnia fatale familiare (genetica), che menzioniamo solamente.
6 - variante o nuova variante della Malattia di Creutzdeldt-Jakob (vCJD o nvCJD), differente dalle precedenti 1, 2, 3, ha una diffusione sporadica e colpisce individui molto più giovani.
Più di 15 differenti specie di mammiferi sono state riconosciute affette da Malattia da Prioni [Jovanovic_1998].
L'Encefalopatia Spongiforme Bovina (Bovine Spongiform Encephalopathy, BSE, mad-cow-disease) è stata identificata, oltre che nella mucca, nel topo, nel gatto domestico, in alcune specie esotiche di ruminanti, nella scimmia [Ferencik_1998]. La BSE e l'Encefalopatia dei visoni potrebbero essere il risultato dell'alimentazione di queste specie con prodotti animali infetti da Scrapie.
L'agente infettivo dello Scrapie potrebbe essere stato trasmesso alla mucca nei primi anni 80, quando è stato abbandonato l'uso di solventi organici nella preparazione del MBM (Meat and Bone Meal, mangime di origine animale per i bovini). La comparsa dell'epidemia sarebbe poi stata accelerata dal riciclaggio di carni bovine infette prima del riconoscimento della BSE [Nathanson_1997]. Una esclusiva serie di fattori ha fatto sì che l'epidemia sia inizialmente comparsa e rimasta confinata in Gran Bretagna.
L'epidemia di BSE in Gran Bretagna è iniziata nel Novembre 1986, culminando nel 1992 (con comparsa di oltre 3000 nuovi casi al mese) [Blattler_1997]. L'epidemia è comparsa simultaneamente in regioni differenti [Nathanson_1997] ed in animali di differenti razze e dimensioni. L'epidemia si è propagata in modo più importante nel sud del Paese, la sua espansione ha seguito lo stesso andamento temporale in tutte le regioni [Wilesmith_2000], e la sua distribuzione sembra correlabile ai fattori che hanno influenzato la quantità di materiale infetto riciclato alla quale il bestiame è stato esposto [Stevenson_2000].
L'incidenza della malattia sta aumentando ora anche in altri Paesi, probabilmente a causa del consumo di carne di animali nella fase subclinica della malattia [Zaaijer_2000]. La malattia avrebbe infatti un periodo di incubazione di circa 5 anni [Nathanson_1997]. Nelle mucche da latte in fase subclinica è stata riscontrata una lieve alterazione del metabolismo energetico [Moorby_2000].
Casi di BSE sono stati identificati in seguito in altri Paesi dell'Europa continentale [Josephson_1998, Donnelly_1999].
Anche nei Paesi dove non si sono verificati casi di BSE, sono stati registrati cali nel consumo di carni bovine [es. Curk_1999, Verbeke_1999, Holm_2000].
Cosa sono i Prioni?
Il termine Prione è stato coniato nel 1982, per denominare l'agente eziologico delle TSE. Si tratta di una particella infettiva di natura proteica (glicoproteina), priva di acido nucleico e resistente quindi all'azione degli enzimi che distruggono l'RNA ed il DNA.
La sua struttura ultramiscroscopica è diversa da quella dei virus e pertanto non può essere considerato nè un virus nè un viroide (cioè una struttura dotata di acido nucleico), nè tantomeno un fungo, un batterio od un parassita.
L'isoforma fisiologica della proteina Prionica (PrPC, Prion related Protein) è presente sulla superficie di tutte le cellule nucleate, ma è maggiormente espressa nei neuroni e viene codificata da un gene situato sul braccio corto del cromosoma 20 dell'uomo. Il suo ruolo è sconosciuto, si sa che è una proteina che lega il Rame [Kretzschmar_1999].
La proteina Prionica esiste però in due isoforme [Korth_1997], che hanno peso molecolare e sequenza aminoacidica identici ma differiscono nella struttura terziaria e quaternaria: PrPC (o PrP-sens), isoforma normale già sopracitata, sensibile a detergenti e proteasi, e PrPSc (o PrP-res), isoforma patologica, parzialmente resistente a detergenti e proteasi, che quando viene trattata con queste sostanze dà origine alla PrP27-30.
PrPSc e PrP27-30 sono correlate invariabilmente con le TSE e l'isoforma PrPC presenta un polimorfismo associato specificamente con alcune TSE.
Si ipotizza che l'isoforma PrPSc trasmetta la sua caratteristica resistenza all'isoforma PrPC, e che questo provochi un accumulo di materiale proteico che causerebbe la malattia [Weber_1997, Weber_1999]. Questo tipo di modificazione strutturale, da una conformazione prevalentemente alfa-elicoidale ad una forma denominata beta-PrP è stata riprodotta in vitro, e l'attitudine della forma beta-PrP a costituire aggregati fibrillari sembra fornire un plausibile meccanismo molecolare della propagazione del Prione [Wadsworth_1999].
I Prioni identificati nella vCJD hanno proprietà fisico-chimiche simili a quelli della BSE [Kondo_1997, Kondo_1997a, Blattler_1997] ed di alcuni casi di Scrapie [Baron_1999, Hope_1999].
E' stato riscontrato che soggetti omozigoti per la metionina in una specifica zona del gene che codifica la proteina Prionica possono presentare una particolare suscettibilità a questa infezione [Gordon_1999, Zaaijer_2000].
La scoperta di mutazioni nel gene (PRNP) che codifica la PrPC in pazienti con Malattia di Creutzfeldt-Jakob familiare dimostra che in questa particolare forma l'origine della malattia sarebbe genetica (Malattia da Prioni ereditaria) [Dreux_2000]. Attualmente questa forma può essere diagnosticata mediante l'analisi del DNA leucocitario [Adams_1998].
Nei lemuri, che hanno la più alta suscettibilità a contrarre attraverso la via orale una Malattia da Prioni derivati dalla BSE, è stato descritto il più corto allele che codifica la proteina Prionica; non è ancora chiaro se questo riscontro possa avere in futuro una qualche rilevanza applicativa [Gilch_2000].
Variante della malattia di Creutzfeldt-Jacob (vCJD)
Questa forma clinica è stata descritta per la prima volta nel 1996 in Gran Bretagna (10 casi, il più giovane dei quali aveva 16 anni) [Will_1996a] e costituisce un eclatante link tra le TSE umane e quelle del restante regno animale. Nello stesso anno veniva segnalato un caso anche in Francia [Chazot_1996].
La comparsa della vCJD ha coinciso temporalmente e geograficamente con la comparsa della BSE [Weihl_1999]. Uno Studio relativamente recente [Ghani_1998] che utilizza i dati epidemiologici disponibili analizzandoli con un modello matematico, trova che il periodo di incubazione sarebbe circa di 9 anni e che almeno il 20% dei casi diagnosticati all'epoca sarebbero stati contagiati prima del 1986.
Una revisione dei casi clinici di soggetti di età compresa tra i 15 ed i 44 deceduti nel periodo 1979-1996 in UK [Majeed_2000] non evidenzia alcun caso di decesso riferibile alla forma classica di CJD: ciò rende estremamente significativa la segnalazione di un rapido aumento dei casi di vCJD in questo gruppo d'età.
Questa nuova malattia presenta un quadro clinico e neuropatologico distinto dalla forma classica di CJD, e soprattutto è stata descritta in adolescenti e giovani adulti, cioè in pazienti che NON sono colpiti dalla forma classica di CJD. Il paziente più giovane ha iniziato a sviluppare i sintomi della malattia a 12 anni [Verity_2000].
Appare ormai indiscusso che la malattia è causata dalla trasmissione dell'agente eziologico della BSE (PrPSc) all'uomo [Collinge_1996, Priola_1996, Hill_1997, Pastoret_1998, Kretzschmar_2000], verosimilmente a causa dell'ingestione di carni bovine infette [Fishbein_1998]: in Gran Bretagna, Paese dove a tutt'oggi l'incidenza della BSE è la più elevata, continuano a venire seganalati nuovi casi di vCJD [Will_1999]. Il primo caso di vCJD istologicamente confermato post-mortem è stato riportato in Francia nel 2000 [Streichenberger_2000].
Ad agosto 2000 uno Studio stimava che il numero di nuovi casi di vCJD è aumentato del 23% all'anno dal 1994 al 2000, ed il numero di decessi è aumentato del 33% dal 1995 al 2000 [Andrews_2000].
A dicembre 1997 i casi diagnosticati di vCJD erano 25 [Josephson_1998], ad ottobre 2000 erano 79, ma dato il lungo periodo di incubazione, non sono ancora terminate le conseguenze dell'immissione tra la fine degli anni '80 ed i primi anni '90 di carni infette nella catena alimentare [Hilton_2000]. Da recenti notizie stampa il numero è ancora salito a novembre 2000: in Gran Bretagna 84 casi (di cui 74 deceduti), in Francia 3 casi (dei quali 2 deceduti), 1 caso in Irlanda (Panorama 23/11/2000).
Oltre che attraverso la catena alimentare, alcuni Studi suggeriscono che l'infezione possa essere trasmessa per contagio intraspecifico nell'uomo attraverso trasfusione di sangue infetto di donatori in fase subclinica [Dobson_2000a, Houston_2000, Budka_2000]. In questo senso le trasfusioni di emoderivati deleucocitati possono costituire una misura precauzionale nei confronti del rischio di contagio, dal momento che il Prione pare propagarsi dalla periferia al SNC attraverso le cellule del sistema linfatico [Klein_1997].
Essendo l'agente infettivo resistente ai comuni metodi di sterilizzazione, esso può inoltre essere trasmesso attraverso materiale sanitario infetto [Frosh_1999], sia negli ospedali che negli studi dentistici [Porter_2000]. In campo odontoiatrico, il rischio è inoltre riconducibile anche all'utilizzo di materiale osseo sostitutivo di provenienza bovina (BGS, Bone Graft Substitute) per applicazioni dentali ed innesti, in alternativa a materiale sintetico ed autologo [Sogal_1999].
Il rischio di contagio per contaminazione ambientale attraverso l'assunzione di acqua pare invece remoto [Gale_1998], come pure pare sicuro l'utilizzo di un sostituto del plasma derivato dall'osso di bovini [Peano_2000].
Quadro Clinico ed Anatomopatologico
Chiariamo subito che la forma primitivamente descritta da Creutzfeldt e Jakob ha un quadro clinico differente dalla vCJD, trattandosi di una malattia caratterizzata da una forma di demenza lentamente progressiva con segni di interessamento piramidale ed extrapiramidale e tipiche alterazioni dell'EEG, quindi si tratta di due forme già clinicamente distinte, anche se può far comodo ingenerare a questo riguardo confusione nella popolazione.
I primi sintomi della vCJD sono tipicamente disturbi del comportamento (quindi sintomi psichiatrici) [Zeidler_1997], che colpiscono individui giovani e che possono essere accompagnati o preceduti da sintomi di ordine generale e da disturbi della vista e dell'equilibrio [Zeidler_1997a]. Compare in breve tempo una grave demenza rapidamente progressiva, scosse miocloniche ed atassia cerebellare che rapidamente vengono seguite da alterazioni del sensorio fino al coma ed alla morte. La malattia è infatti sempre mortale, in genere entro 1 anno dall'esordio [Pocchiari_1998].
Le alterazioni neuropatologiche sono caratteristiche e sono presenti a livello corticale (cerebrale e cerebellare). Si tratta di una perdita diffusa di neuroni, gliosi, placche PrP-positive [Weber_1997] e la presenza di vacuolizzazione delle zone colpite, denominata appunto stato spongiforme, da cui il nome della malattia, Encefalopatia Spongiforme Subacuta. L'accumulo di Prioni è estesamente presente anche nel tessuto linfatico, mentre è assente i tutti gli altri tessuti non-nervosi. Anche il quadro anatomopatologico è ben distinto da quello della forma classica di CJD [Ironside_2000].
Diagnosi
La diagnosi di vCJD è una diagnosi di morte certa, preceduta dallo sfacelo fisico e mentale del paziente, e può essere difficile da porre anche per questo motivo. Spesso la conferma si ottiene solo post-mortem. In questa forma l'EEG non aiuta nella diagnosi (a differenza della forma classica di CJD, dove compare una tipica alterazione dell'EEG), e neppure l'esame del Liquor, che non è in grado di discriminare tra le due forme della malattia [Will_1996, Will_1996b]. Possiamo dire che però la negatività dell'EEG (assenza di pseudoperiodismo) associata alla positività del Liquor (presenza della proteina 14-3-3) può indirettamente suffragare la diagnosi clinica di vCJD. Nei pazienti con CJD è stato riportato anche un aumento dei livelli sierici della proteina S100, proposto come marker biochimico di malattia da alcuni ricercatori tedeschi [Otto_1998].
Tra le possibilità di diagnosi in vita, vanno incluse metodiche di Neuroimaging [deSilva_1998, Collins_2000, Zeidler_2000], la biopsia cerebrale, la biopsia tonsillare [Hill_1997a, Kawashima_1997, Gordon_1999].
L'accumulo del Prione patologico della vCJD nel tessuto linfatico avviene solo in questa malattia e non nelle altre malattie da Prioni. L'imunocitochimica è in grado di identificare la presenza del Prione patologico (PrPSc) anche in tessuti diversi dal cervello, quali gangli sensitivi e tessuto linfatico (tonsille, appendice).
E' stata messa a punto una metodica che permette di diagnosticare la malattia attraverso l'esame di materiale proveniente da biopsie tonsillari e che può essere applicata su larga scala [Nailon_2000]. Non è però ancora noto in quale fase del periodo di incubazione il test possa risultare positivo. Lo studio della prevalenza dell'infezione subclinica su materiale proveniente da tonsille ed appendici di soggetti asintomatici, soprattutto al di sopra dei 10 anni di età, oltre a permettere di diagnosticare la malattia nel periodo di incubazione può anche fornire dati da utilizzare attraverso modelli matematici per la previsione dell'entità di future epidemie [Ghani_2000].
Uno Studio retrospettivo su 3000 campioni di biopsie tonsillari ed appendicolari recentemente eseguito non ha rilevato la presenza di alcun tessuto infetto [Ironside_2000], mentre uno Studio retrospettivo eseguito su materiale cerebrale di 200 pazienti evidenzia come la PrPC (l'isoforma non patologica) possa essere aumentata nel cervello umano in condizioni patologiche differenti dalla vCJD, il chè richiede particolare scupolo nella valutazione del materiale con metodi immunoreattivi per i Prioni [Esiri_2000].
E' stata inoltre sviluppata un'altra metodica che permette di identificare il Prione patologico (PrPSc) nei tessuti con una tecnica differente da quella sopra riportata e sensibilie anche a bassissimi livelli di PrPSc [Schulz-Schaeffer_2000].
Ultimamente i recenti progressi nella comprensione della biologia molecolare della proteina Prionica hanno permesso lo sviluppo di metodiche che si auspica saranno in grado di identificare le componenti dell'isoforma patologica del Prione nel Liquor e nel sangue [Collins_2000]
Terapia
Non esiste nessun trattamento per questa malattia: la profilassi è quindi l'unico mezzo a nostra disposizione per tenere questa forma sotto controllo.
Profilassi
Il rischio di contrarre la vCJD dipende da due variabili: la suscettibilità del singolo individuo all'agente eziologico della BSE (ricordiamo quanto detto sopra sulla predisposizione genetica a sviluppare l'infezione) e la possibilità di escludere tessuti di animali infetti in fase ancora subclinica dalla catena alimentare dell'uomo [Zaaijer_2000].
A ciò si aggiunge la particolare resistenza del Prione patologico alle normali tecniche di sterilizzazione usate routinariamente nei servizi ospedalieri [Frosh_1999]. Infatti l'agente infettivo resiste alla bollitura, alla formalina, all'alcool ed alle radiazioni UV. Può essere inattivato in autoclave (132°C ad 1Kg/cm2 per 1 ora) o per immersione nell'ipoclorito di sodio (al 5% per 1 ora). Tutto ciò che è a rischio di essere infetto va, ove possibile, trattato con adeguati disinfettanti, in alternativa va incenerito [Adams_1998].
Conclusioni
L'evidenza ormai indiscussa che riconosce il coinvolgimento dello stesso agente eziologico nella BSE e nella vCJD suggerisce che siamo di fronte alla rottura della barriera interspecie, che ha fatto sì che la BSE sia stata trasmessa all'uomo, presumibilmente attraverso la dieta [Ferencik_1998].
Ciò è accaduto perchè animali erbivori sono stati traformati in carnivori ed addirittura cannibali nell'ottica di una maggior produzione di carne per scopi alimentari, fonte di immensi profitti. D'altra parte le risorse alimentari fisiologiche di questi animali non appaiono più sufficienti per sfamare il grande numero di individui necessario per far fronte alle richieste del mercato.
E' quindi necessario che i Governi e gli Organismi preposti al controllo della Salute prendano provvedimenti, che comprendano, oltre che sistemi di controllo sugli animali macellati, anche una ben più importante campagna di educazione alimentare, che convinca i consumatori a ridurre la quantità di carne nella loro dieta: di tutti i tipi di carne, perchè ciò che adesso sta accadendo ai bovini potrà, mantenendo gli stessi sistemi di nutrizione forzata e contro natura, verificarsi anche in altre specie animali.
Non è cioè sufficiente, perchè ecologicamente non sostenibile, "spostare" la richiesta verso carni diverse da quelle bovine. Il consumo globale di carne deve venire radicalmente ridimensionato. Considerato che la carne NON è un alimento indispensabile.
Qui sotto compaiono le references degli articoli citati nel testo.
Riportiamo separatamente una Bibliografia più estesa su questo argomento.
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Published Online: 20 Nov 2000 (ultima revisione 2015) -- Copyright © by SSNV / All rights reserved.