di Barry M Popkin, Lawrence E Armstrong, George M Bray, Benjamin Caballero, Balz Frei, and Walter C Willett

Traduzione ragionata e commentata a cura di Luciana Baroni
Fonte in inglese: A new proposed guidance system for beverage consumption in the United States, Barry M Popkin, Lawrence E Armstrong, George M Bray, Benjamin Caballero, Balz Frei, and Walter C Willett, AJCN 2006;83:529-42.

Questo documento propone una Guida al consumo delle bevande, frutto di un lavoro di collaborazione tra ricercatori appartenenti a varie Università USA, tra cui la Johns Hopkins e quella della North Carolina, con la Harvard School of Public Health di Boston. Questo documento era stato concepito come di complemento alle Dietary Guidelines del gennaio 2005, emanate dall'USDA, che non pongono particolare attenzione al ruolo delle bevande nella dieta.

Il Panel esprime l'intento di razionalizzare la scelta delle bevande nel contesto di una dieta equilibrata normocalorica, distinguendone i vari tipi e classificandole in Livelli a seconda del contenuto calorico, della presenza o meno di nutrienti, e del rapporto rischio-beneficio per la salute, grazie all'analisi di circa 150 pubblicazioni scientifiche sull'argomento. Attualmente, negli USA, le bevande contribuiscono al 21% delle calorie della dieta, quindi avrebbero una grossa responsabilità nell'epidemia di sovrappeso-obesità che sta stravolgendo tutto il mondo occidentale. Visto che in media si è verificato un aumento di 150-300 kcal/die nella dieta degli Americani, e che almeno la metà di queste calorie in eccesso è fornita da fluidi, è evidente come sia possibile, attraverso l'educazione al consumo delle bevande, e in particolare attraverso la transizione dall'utilizzo di bevande caloriche a quello di bevande poco o non-caloriche, e la riduzione del numero e delle dimensioni delle porzioni, influenzare positivamente la salute pubblica.

Partendo dalla constatazione che:

  • i fluidi hanno uno scarso potere saziante e quindi possono falsare i meccanismi di autoregolazione che si basano sul senso di sazietà, portando ad introdurre cibo in eccesso;
  • le calorie provenienti dai fluidi sembrano possedere un maggior potere "ingrassante" rispetto a pari quantità di calorie provenienti da cibi solidi,

gli Autori sanciscono che in una dieta equilibrata i nutrienti e le calorie devono idealmente essere forniti totalmente dai cibi solidi. Ne deriva che le bevande non sono necessarie per l'apporto di calorie e nutrienti, e quindi nessuna bevanda, ad eccezione dell'acqua, risulta essere essenziale. La Guida è concepita per la popolazione a partire dai 6 anni d'età, e non stabilisce rigidamente i volumi raccomandati, in quanto il fabbisogno di liquidi è individuale ed influenzato da più variabili (come la composizione della dieta, l'ambiente e l'attività fisica svolta).

Gli Autori hanno formulato una caraffa (l'equivalente liquido della piramide) per rappresentare il ruolo che i vari tipi di bevande dovrebbero rivestire in una dieta sana, distinguendo 6 livelli:

Alla base della caraffa (Livello 1) c'è l'acqua, nutriente essenziale in sé, ma che può contribuire all'apporto di altri nutrienti essenziali come Ca, Mg e Fl, in forma ben assimilabile. L'acqua pura appare essere l'unica indispensabile all'organismo tra tutte le bevande: le bevande presenti agli altri 5 livelli infatti hanno come componente fondamentale ancora l'acqua (le caratteristiche degli altri componenti presenti nelle bevande diverse dall'acqua verranno descritte in seguito). Anche se sono ben stabiliti gli effetti della disidratazione acuta e cronica, il fabbisogno di acqua per l'organismo umano è variabile, e si è visto, soprattutto nell'anziano, che non è più di tanto regolato dal meccanismo della sete. Oltre agli effetti della disidratazione acuta e cronica sul Sistema Nervoso Centrale (SNC), gli altri effetti sono a carico dell'apparato cardiovascolare e urinario. A lungo termine, la disidratazione costituirebbe un fattore di rischio di cancro vescicale e del colon, mentre una buona idratazione è in grado di prevenire la calcolosi delle vie urinarie. Solo eccezionalmente può realizzarsi un'iperidratazione a causa di assunzione orale di acqua, con sintomatologia correlata all'iposmolarità plasmatica.

Come già accennato, l'acqua è poi una buona fonte di minerali come il Calcio (l'acqua di rubinetto ne contiene una media di 100 mg/L, ma esistono sul mercato acque in bottiglia con contenuto che supera i 300 mg/L e che costituiscono un'ottima fonte di calcio integrativa), il Magnesio, mentre per quanto riguarda l'apporto di Fluoro questo può essere importante nelle acque di rubinetto fluorurate, mentre nell'acqua in bottiglia il contenuto di Fluoro di solito è molto variabile e può essere insufficiente, così come in molte acque di rubinetto. In generale, l'acqua di rubinetto ha un minor impatto ambientale dell'acqua in bottiglia (pensiamo solo all'energia spesa per l'imbottigliamento e il trasporto dell'acqua in bottiglia), è sottoposta a controlli rigorosi (per quanto riguarda le sostanze inquinanti -metalli pesanti, scorie radioattive, fertilizzanti, pesticidi, erbicidi- i limiti stabiliti per molti di questi composti sono addirittura più severi che per l'acqua di bottiglia) e per poter essere dichiarata potabile deve comunque essere batteriologicamente pura ed avere un contenuto di nitriti < 50 mg/L. Poiché l'acqua di rubinetto è sottoposta a clorazione, questo può renderne meno gradevole il gusto rispetto all'acqua di bottiglia, ma l'assenza di trattamenti all'acqua di bottiglia la rende più facilmente aggredibile dai batteri una volta aperta. Infine, solitamente l'acqua di bottiglia è contenuta in contenitori di polietilene, composto a rischio luce-calore che, se le bottiglie non vengono conservate correttamente soprattutto durante lo stoccaggio e il trasporto, può rilasciare sostanze tossiche nell'acqua stessa. Per questo motivo, è preferibile scegliere, tra le acque in bottiglia, quelle in bottiglia di vetro, anche se in questo caso la scelta si restringe molto.

Al secondo livello (Livello 2) troviamo the e caffè (non zuccherati) . Per quanto riguarda il the, alcuni aminoacidi in esso contenuti (soprattutto teanina) hanno dimostrato di possedere nell'uomo effetti benefici per la salute, come il potenziamento dell'immunità cellulare, il miglioramento della salute dell'osso e dei denti e la riduzione del rischio di calcolosi della vie urinarie. Il the è inoltre una buona fonte di micronutrienti (soprattutto Fluoro) e sostanze fitochimiche (flavonoidi, antiossidanti); queste potrebbero esercitare un effetto protettivo per la salute cardiovascolare, migliorando la funzionalità endoteliale attraverso un aumento della sintesi di ossido nitrico (vasodilatatore) a livello della parete. Questi dati necessitano però di ulteriori conferme, così come non è mai stato dimostrato nell'uomo un effetto di prevenzione nei confronti della cancerogenesi. Al momento attuale, i dati in nostro possesso, provenienti da studi prospettici di coorte e da metanalisi di alcuni di questi studi, suggeriscono che il consumo regolare di 3 o più tazze di the nero siano in grado di conferire una modesta protezione nei confronti dell'infarto miocardico. Non c'è al momento evidenza di un simile effetto per il the verde e per altri tipi di the, anche se è possibile non ci sia una sostanziale differenza.

L'evidenza che il consumo regolare di caffè sia in grado di aumentare il rischio di cancro, malattie cardiovascolari e ipertensione è scarsa o nulla. Il consumo di caffè appare correlato, in studi prospettici di coorte, con un ridotto rischio di sviluppare diabete mellito tipo 2 (effetto indipendente dalla caffeina), mentre un effetto di protezione nei confronti del cancro del colon-retto è ancora controverso. I dati su un possibile effetto protettivo del caffè e della caffeina nei confronti della Malattia di Parkinson (MdP) sono ancora non definitivi: in generale, caffè e caffeina appaiono protettivi negli uomini e nelle donne in post-menopausa che non seguano terapia ormonale sostitutiva (HRT), e quindi questo effetto appare essere in qualche modo in funzione dei livelli circolanti di estrogeni endogeni od esogeni (nel Nurses' Helath Study, infatti, il consumo di più di 6 tazze di caffè al dì aumentava significativamente il rischio di MdP in donne in post-menopausa trattate con HRT). Per quanto riguarda invece gli effetti negativi del caffè, gli studi disponibili in letteratura non dimostrano che elevati consumi di caffè siano in grado di aumentare significativamente il rischio di malattie vascolari, ma sarebbero in grado di influenzare negativamente alcuni fattori di rischio. Nel caffè non filtrato sono presenti alcuni diterpeni (cafestolo e caveolo, in gran parte rimossi dai filtri) che eserciterebbero un effetto negativo sul profilo lipidico, causando un'elevazione dei livelli di LDL, così come il consumo di caffè in tutte le preparazioni sarebbe in grado di elevare i livelli di un altro fattore di rischio cardiovascolare, cioè l'omocisteina. Sebbene il consumo di caffè non decaffeinato avrebbe un modesto effetto di rialzo dei valori di PA sisto-diastolica, nell'unico studio prospettico a lungo termine che analizza questo dato, l'effetto non sembra ripercuotersi sul rischio di sviluppare ipertensione. Il consumo di caffè sarebbe inoltre in grado di modulare il rischio di suicidio con effetto J-shaped, cioè il rischio si riduce per dosi intermedie mentre aumenta per dosi elevate o nell'astensione.

La ricerca inoltre suggerisce di non superare assunzioni di caffeina (contenuta nel caffè ma in misura minore anche nel the) di 400 mg al dì: questo limite va ridotto a 300 nella donna in gravidanza, in quanto può aumentare il rischio di aborto spontaneo e di basso peso alla nascita del neonato. Entro questi limiti, l'assunzione di caffeina non sarebbe in grado di provocare effetti negativi sul rischio di malattie cardiovascolari, osteoporosi, ipertensione e sui livelli di colesterolemia. Gli effetti della caffeina sul SNC e sull'attività muscolare sono ad "U rovesciata", cioè sono superiori per dosi intermedie mentre sono inferiori per dosi basse ed elevate. Le donne e gli anziani avrebbero una sensibilità aumentata, mentre nei bambini la caffeina potrebbe esercitare effetti negativi sullo sviluppo del SNC. La caffeina possiede inoltre effetti diuretici (inibisce infatti l'ormone antidiuretico), e l'assunzione di caffé, se nella forma "espresso", andrebbe accompagnata da una adeguata assunzione di acqua.

La tabella seguente riporta i contenuti medi di caffeina di vari prodotti (fonte: Decidi di star bene, Edizioni Sonda, 2004).

CAFFE'/TE' (in media)
1 tazza caffè espresso: 52 mg (pura arabica); 90 mg (miscele con robusta)
1 tazza caffè decaffeinato espresso: 4 mg
1 tazza caffè della moka: 90 mg
1 tazza caffè decaffeinato della moka: 5 mg
1 tazza di tè: 50 mg
1 tazza di tè deteinato: 5 mg
COMUNI ANTINEVRALGICI
1 compressa (c)
1 supposta (s)
Aspirina semplice: 0 mg
Cafergot: 100 mg (c)(s)
Difmetrè: 75 mg (c)(s); 150 mg (s)
Optalidon: 25 mg (c); 75 mg (s)
Mindol: 50 mg (c)
Virdex: 100 mg (s)
CIOCCOLATO (valori medi in 100 gr)
Cioccolato al latte: 20 mg
Cioccolato fondente: 80 mg
BIBITE (330 ml)
Coca Cola 26 mg
Chinotto 30 mg

Per finire, l'aggiunta di dolcificanti calorici, panna, latte al caffè, nonché l'utilizzo di bevande pronte dolcificate contenenti caffè o the, fanno retrocedere queste bevande ai livelli successivi, in quanto ne aumentano la densità calorica e quindi diventano valide le considerazioni riguardanti le bevande che apportano calorie.

Al terzo livello (Livello 3) sono presenti le bevande a base di latte parzialmente e totalmente scremato e quelle a base di soia (inclusi gli yogurt) . E' interessante notare come il latte intero, a causa dell'elevato contenuto in grassi saturi, sia invece relegato al livello 5. Queste bevande contengono nutrienti essenziali (soprattutto calcio) e sono una buona fonte di proteine; il latte vaccino, in particolare, contribuisce all'apporto dietetico di magnesio, potassio, zinco, ferro, vitamine A, B2 e acido folico, nonché vitamina D (che viene addizionata al latte vaccino negli USA, in quantità peraltro variabili e che non sempre corrispondono alla dose dichiarata sull'etichetta). Secondo gli Autori, però, questo tipo di bevande possono certo dare un contributo ad una dieta sana, ma non sono indispensabili, soprattutto nell'adulto, in quanto questi nutrienti possono tranquillamente venire ricavati da altri cibi solidi (soprattutto frutta e verdura-ortaggi). Essi inoltre considerano il latte di soia un valido sostituto al latte vaccino, pur non potendo venire addizionato con vitamina D (almeno negli USA) e avendo il calcio in esso contenuto una biodisponibilità un po' inferiore a quella del latte animale.

Gli Autori si soffermano in particolare su alcune controversie che riguardano il latte vaccino, e che vanno tenute in considerazione quando si valuti l'impatto globale di questo alimento sulla salute della popolazione.

La prima controversia riguarda il controllo del peso corporeo: un piccolo studio del '96 aveva infatti suggerito che il latte potesse esercitare un ruolo favorevole nel controllo del peso corporeo, e che questo effetto fosse riconducibile al contenuto di calcio. Questi dati sono stati ampiamente utilizzati dal National Dairy Council americano per campagne a favore del consumo di latte, soprattutto fra gli adolescenti, finalizzate a controllare il peso corporeo. Successivi studi recenti su ampie coorti non hanno però suffragano questi dati, sia negli adolescenti che negli adulti, e anzi un maggior consumo di latte parzialmente scremato è apparso in realtà correlato ad un maggior incremento ponderale, al punto che le recenti LG USA del gennaio 2005 concludono come non vi siano sufficienti prove a sostegno di un effetto favorevole del latte sul peso corporeo.

La seconda controversia riguarda la salute dell'osso. Se il consumo di latte e calcio appare importante per il raggiungimento e il mantenimento della densità minerale ossea nel bambino e nell'adulto, come dimostrato da tutti gli studi clinici controllati e dalla maggioranza degli studi in aperto, vasti studi prospettici condotti sull'adulto concordano sul fatto che questo fenomeno non sia in grado di influenzare il rischio di fratture. Non sono quindi, ancora una volta, giustificati interventi che spingano le donne in post-menopausa ad aumentare il consumo di latte al fine di ridurre il rischio di frattura. A questo proposito gli Autori (in particolare il prof. Willett nella sua Healthy Eating Pyramid), ritengono preferibile l'utilizzo di integratori di calcio. Uno studio recente condotto su una coorte di Islandesi (Steingrimsdottir et al, JAMA. 2005 Nov 9;294(18):2336-4), conclude che purché sia garantito un adeguato livello di vitamina D, assunzioni di calcio superiori a 800 mg/giorno non sarebbero necessarie per mantenere l'omeostasi del calcio, suggerendo quindi di agire maggiormente sull'integrazione di vitamina D rispetto a quella del calcio.

Infine il consumo di latte, oltre ad essere imputato di aumentare il rischio di cancro prostatico e dell'ovaio (per quest'ultimo pare che anche il galattosio, che si forma dall'idrolisi del lattosio, rivesta un ruolo importante, vedi anche il recente Genkinger JM, Cancer Epidemol Biomarkers Prev. 2006;15:364-72), a causa della ben documentata elevazione dei livelli di Insulin-like Growth Factor (coinvolto nella genesi di molti tipi di cancro-vedi anche gli studi del prof. Berrino sul cancro della mammella), è mal tollerato dalla maggior parte della popolazione americana di origine africana ed asiatica, portatrice di deficit della lattasi (per ovviare questo problema, viene consigliato di scegliere i prodotti a base di soia o lo yogurt vaccino).

Gli effetti benefici del latte sul rischio di s. metabolica, di ipertensione e di malattie vascolari sono stati riportati in alcuni studi, ma necessitano di ulteriori conferme, soprattutto per quanto riguarda l'ipertensione, dal momento che i dati in merito sono discordanti. Nelle LG USA 2005 è stato inserita la dieta DASH come secondo pattern dietetico suggerito, perché questo approccio dietetico si è dimostrato efficace nel ridurre il rischio di ipertensione: si tratta di una dieta low-fat che include oltre a latte parzialmente scremato e derivati, elevate quantità di frutta, verdura e fibre e quindi pare efficace più nel suo complesso che per gli effetti riconducibili alla mera presenza del latte.

Concludendo, il consumo di latte, anche a basso contenuto di grassi o totalmente scremato, è da considerare non raccomandabile nell'adulto, a causa dei potenziali rischi connessi con la sua assunzione, considerando anche che l'atteggiamento del Panel è quello che una dieta sana NON deve utilizzare i fluidi per l'apporto di energia e nutrienti. Per i bambini e gli adolescenti, il latte rimane comunque un alimento critico, anche se il fabbisogno di calcio, anche in questa fascia d'età, può essere garantito con l'utilizzo di integratori, ponendo particolare attenzione a soddisfare anche le richieste di vitamina D, senza la quale in calcio introdotto non può venire utilizzato, e che può essere carente soprattutto nelle latitudini nordiche dove l'esposizione alla luce solare sia inadeguata.

Al Livello 4 il Panel colloca le bevande dietetiche, cioè le bevande a base di acqua, aromatizzate, colorate e dolcificate con prodotti non calorici. Questo tipo di bevande, essenzialmente quindi prive di calorie, sono in grado, quando sostituite alle bevande non dietetiche, di favorire la perdita di peso e non causare un incremento dei valori di pressione arteriosa. I dolcificanti artificiali utilizzati debbono essere approvati dalla FDA, e appartenere quindi ad una selezione di prodotti testati e considerati innocui per uso umano (gli studi, condotti sull'animale, hanno creato un allarme su questi prodotti probabilmente non giustificato). Se ne potrebbe dedurre, quindi, che questi prodotti potrebbero nel complesso essere considerarti almeno innocui, se non addirittura vantaggiosi per la salute. Invece, essi sono in grado di condizionare il senso del gusto, tanto più pesantemente quanto più precocemente vengono assunti, e creare l'abitudine al dolce, ancora peggio che i dolcificanti naturali, in quanto i dolcificanti artificiali sono ancora più dolci, riuscendo così a condizionare pesantemente le scelte dei consumatori verso l'assunzione di prodotti dolci (la gran parte dei quali sono tutt'altro che privi di calorie). Questo è il motivo per il quale il Panel relega questi prodotti ad un livello così basso.

Il Livello 5 include le bevande che apportano nutrienti e calorie. Va ribadito ancora una volta che il Panel stabilisce che in una dieta sana sia i nutrienti che le calorie NON debbano provenire dalla bevande, ecco perché questi prodotti sono collocati ad un livello molto basso.

In questa composita categoria rientrano i succhi di frutta e di verdura (i secondi da preferire sui primi in quanto hanno un contenuto calorico ridotto, anche se sono ricchi di sodio), che apportano molti importanti nutrienti contenuti in frutta e verdura, ad azione protettiva per la salute; tuttavia essendo deprivati di fibre, di alcuni nutrienti labili e con un volume ridotto (e quindi con una densità calorica superiore) rispetto ai cibi interi da cui sono ricavati, NON devono essere preferiti a questi né tanto meno devono sostituirli. Le LG USA 2005 consigliano che l'assunzione di succhi di frutta non dovrebbe superare 1/3 del consumo giornaliero di frutta. Altri prodotti dolci a base di frutta (smoothies) sono invece altamente calorici e per questo non sono raccomandati.

Il latte intero, oltre alle considerazioni già espresse per il latte scremato (totalmente e parzialmente), ha un più un elevato contenuto di calorie e grassi saturi del precedente, e contribuisce a aumentare l'apporto di questi grassi (dai ben documentati effetti dannosi per la salute) nella dieta degli americani oltre i limiti desiderabili (< al 10% delle calorie totali).

Le bevande per gli sportivi, concepite allo scopo di reintegrare le perdite di acqua e di minerali che si verificano nel corso della pratica sportiva, e di fornire energia, sono altamente caloriche (dal 50 al 90% delle calorie contenute nelle bibite tradizionali) e contengono piccole quantità di sodio, potassio e cloro. L'utilizzo di questi prodotti va limitato agli sport di resistenza, dove sia necessario reintegrare velocemente le perdite e fornire energia di pronto utilizzo, mentre vanno utilizzate con cautela in tutti gli altri casi.

Infine, le bevande alcoliche (vino, birra, cooler, superalcolici) consumate in modiche quantità possono avere negli adulti alcuni vantaggi per la salute, riferibili essenzialmente alle proprietà dell'alcol (soprattutto una riduzione degli eventi vascolari, ma anche del rischio di diabete tipo 2 e di colelitiasi). L'alcol però, oltre ad essere una bevanda calorica, può dare dipendenza, è responsabile di comportamenti socialmente pericolosi e di circa il 50% degli incidenti stradali. Per questo è altamente riprovevole il fatto che sia stata concessa la commercializzazione dei cooler, prodotti il cui target sono gli adolescenti: si presentano come bevande colorate a base di frutta ed invece contengono tanto alcol quanto 1 bicchiere di birra, oltre a una buona quantità di calorie (più di 250 per bottiglia, in quanto sono anche dolcificati). Queste bevande sono veramente pessime, ipercaloriche e in grado di abituare gli adolescenti all'alcol, motivo per cui il Panel ne sconsiglia fortemente il consumo. L'alcol favorisce la comparsa, anche a basse dosi, di cancro della mammella e di malformazioni fetali (dipendenti da una competizione con l'assorbimento e il metabolismo dell'acido folico), motivo per cui in gravidanza non andrebbe assunto, e tutte le donne che lo assumono abitualmente dovrebbero utilizzare degli integratori di acido folico. A dosi più elevate favorisce lo sviluppo di altri tipi di cancro (esofago, cavo orale, laringe, fegato), di danni al parenchima epatico, demenza, emorragie digestive e ictus emorragico, ipertensione e cardiomiopatia. Gli effetti dell'alcol sulla mortalità hanno un andamento J-shaped, cioè oltre un certo limite i vantaggi vengono sostituiti dalle conseguenze dannose. Il limite che si ritiene consigliabile non superare è di 2 drink al giorno per l'uomo e 1 per la donna (dove 1 drink equivale a 14 g di alcol). Anche le nostre LG consigliano più o meno questi limiti (2 Unità Alcoliche nell'uomo e 1 nella donna, dove 1 UA è però 12 g di alcol e non 14, pari a 125 mL di vino, 1 lattina di birra normale e 200 mL di birra doppio malto, 75 mL di liquore e 40 mL di superalcolico), e consigliano di preferire il vino assunto ai pasti rispetto ad altri prodotti a base di alcol. Nel Panel non viene invece considerato degno di nota l'effetto attribuito ai flavonoidi del vino rosso (sull'aggregazione piastrinica, sui valori di pressione e sul profilo lipidico) perché l'evidenza scientifica non supporterebbe a sufficienza questi dati.

All'ultimo livello (Livello 6) trovano posto le bibite dolci caloriche, gasate o non gasate, prototipo delle "empty calories", in quanto ottenute da acqua, coloranti, aromatizzanti e zucchero naturale (fruttosio o saccarosio), totalmente o quasi totalmente prive di nutrienti, e quindi dichiaratamente "le peggiori": il Panel raccomanda di consumare queste bibite con estrema moderazione, essendo correlate con aumento ponderale, carie dentali e diabete tipo 2 (e l'acido fosforico contenuto in molte di queste bibite è imputato di favorire la comparsa di osteoporosi). Nella proporzione in cui queste bibite sono rappresentate nella dieta degli americani (vedi poi), esse sono ritenute tra i maggiori responsabili dell'epidemia di obesità che affligge gli USA, dal momento che le calorie nude che apportano non sono controbilanciate da una pari sensazione di sazietà. Se pensiamo che ad esempio una lattina da 330 mL apporti circa 130 kcal, è facilmente estrapolabile la quantità di calorie che possono essere ottenute attraverso queste bevande. Il fenomeno è aggravato dall'introduzione delle "Supersize", cioè delle porzioni giganti, che incoraggiano ulteriormente il consumo. Ne consegue che, mantenere una dieta normocalorica con il contributo di queste bevande, necessariamente penalizza l'assunzione di nutrienti e quindi mette a rischio di malnutrizione. Se invece l'assunzione di nutrienti da altri cibi è adeguata, questo significa che matematicamente queste calorie saranno in più, in eccesso, e determineranno un incremento ponderale. Il problema del rapporto nutrienti-calorie è stato affrontato dalle LG americane 2005, che hanno introdotto il concetto di "Calorie discrezionali", cioè calorie che non devono necessariamente apportare nutrienti per garantire l'adeguatezza della dieta, anche se ovviamente sarebbe preferibile ricavare queste calorie da cibi diversi da quelli spazzatura. Questa impostazione tollerante è ricalcata anche nel Panel, dove come vedremo viene proposto un profilo di assunzione "ideale" e uno "accettabile", che comunque è al di sotto del consumo medio attuale di queste bevande.

La NHANES riporta che nel triennio1999-2002, nella dieta americana di un adulto, le bevande caloriche del livello 5 e del livello 6 hanno contribuito rispettivamente al 46% e al 45.5 % delle calorie da fluidi, contro un 2% delle bevande ai livelli 1 e 2, che hanno però rappresentato il 70% del volume dei liquidi introdotti. In totale, le calorie apportate dalle bevande hanno contribuito al 21% delle calorie della dieta della popolazione al di sopra dei 2 anni d'età. E' quindi abbastanza chiaro, da questi pochi numeri, come sia cruciale agire sulle bevande del livello 5 e 6 per ridurre l'apporto di calorie della popolazione.

Prendendo spunto dal pattern dietetico proposto nelle recenti LG USA, gli Autori hanno calcolato un piano di assunzione che conduce, per una dieta da 2200 kcal, ad un'assunzione di circa 2900 mL di fluidi, e relative calorie da bevande del 14%, delle quali il 9% proviene dalle bevande del Livello 3: rimangono quindi solo una quota di calorie da bevande caloriche dei Livelli 4-6 del 5%, pari a 114 kcal (ad esempio, 1 lattina scarsa).

Teoricamente, la quota di liquidi della dieta può essere fornita per il 100% da acqua, ma sono possibili svariate combinazioni tra i vari livelli, che conducano però ad una assunzione di non più del 20% del volume da bevande che appartengono ai livelli 3-6. Gli Autori suggeriscono che idealmente non più del 10% delle calorie della dieta debba venire fornito da fluidi, anche se ritengono accettabile un limite massimo del 14%. La possibile distribuzione quindi dei fluidi della dieta tra i vari livelli, per una dieta da 2200 kcal per un adulto, risulterebbe la seguente:

Livello 1: Quantità consigliata: 1500 mL (range 600-1500 mL), circa.
Livello 2: Quantità consigliata: 840 mL (range 0-1200 mL), circa, mantenendo la caffeina <400 mg.
Livello 3: Quantità consigliata: 480 (range 0-480 mL) circa.
Livello 4: Quantità consigliata: 0 (range 0-960 mL).
Livello 5: Quantità consigliata: 120 mL (range 0-240 mL) circa, per i succhi; 0 per il latte intero, 0 per l'alcol (range 0-1 drink alcolico per la donna e 0-2 per l'uomo).
Livello 6: Quantità consigliata: 0 (range 0-240 mL. NB: al massimo poco più di 2/3 di una lattina piccola).

Gli Autori concludono che il razionale di messa a punto della Guida è stato quello di dare un contributo alla riduzione dell'apporto calorico della dieta, a cui le bibite del livello 6 contribuiscono in misura importante, e che quindi devono essere presi in considerazione degli interventi, da applicare anche all'origine, per ridurre la quantità di calorie apportate attraverso questa via.

Sulla base delle preoccupazioni per il sovrappeso-obesità, e di altre considerazioni che sono state esposte nel corso della rassegna degli effetti per la salute delle bevande dei vari livelli, gli Autori formulano le seguenti proposte:

  • Maggior utilizzo dei dolcificanti artificiali, in modo da cercare di ridurre, in media, del 75-80% l'apporto calorico delle bevande "dolci"
  • Inversione della tendenza che si è sviluppata tra gli adolescenti di sostituire queste bevande al latte, apportatore di nutrienti essenziali (fatto che però come dimostrato da Berckley CS, Arch Pediatr Adolesc Med. 2005 Jun;159(6):543-5, non sarebbe in grado di intervenire sul controllo del peso).
  • Attenzione alla supplementazione "a pioggia" delle bevande non caloriche, e ancor peggio di quelle caloriche (con vitamine, minerali), dal momento che oltre a non essere necessaria una supplementazione se non in caso di carenza documentata, questo tipo di bevande può distogliere il consumatore dal ricavare questi nutrienti dai cibi che naturalmente li contengono (da dove possono essere ricavati anche tutti gli altri nutrienti protettivi, realizzando solo così una dieta equilibrata) e spingere in modo non giustificato verso il consumo di queste bibite, con il rischio ulteriore di aumentare la quota calorica introdotta. Per contro, la supplementazione del cibo con alcuni nutrienti critici, come folati e Calcio, è un intervento sensato.
  • Identificazione di un limite minimo di contenuto di Fluoro nell'acqua di bottiglia, onde scongiurare il rischio di carenza in chi utilizzi solamente questo tipo di acqua.
  • In linea generale, sostituzione delle bevande caloriche con altre non caloriche o meno caloriche nella dieta di ciascun individuo.
  • Necessità di ulteriori ricerche sugli effetti per la salute delle bevande a base di latte e delle bevande dietetiche.
  • Ottenimento del 60-100% dei fluidi della dieta da prodotti non calorici, quota tanto maggiore quanto più aumenta il fabbisogno individuale di fluidi.

Published Online: 9 Feb 2007 (Ultima revisione 2015) -- Copyright © by SSNV / All rights reserved.